tutte le case nelle quali ho abitato

TUTTE LE CASE NELLE QUALI HO ABITATO.

La prima è la casa dove sono cresciuta, la casa dell’infanzia, dell’adolescenza e di una parte della giovinezza.

Terzo piano senza ascensore, un appartamento di 80 mq calpestabili, in una casa popolare di un anonimo paesino in provincia di Varese, dell’allora (anni ’60)“INA-casa”, acquistata a riscatto dai miei genitori, muratore lui, operaia lei. Una cucina stretta e lunga, un soggiorno quadrato, tre camere distribuite da un lungo corridoio che ci potevi pattinare e un bagno ancora più stretto della cucina, tanto che per poter aggiungere la lavatrice i miei hanno dovuto sacrificare il bidet (ripristinato più avanti quando la composizione familiare è cambiata e con lei gli spazi abitativi).

Dal punto di vista sociale era una specie di “cohousing”: noi bambini trascorrevamo il tempo tutti insieme in cortile, o a piccoli gruppi casa per casa. La mattina ci si aspettava per andare a scuola, a piedi e rigorosamente senza adulti. Ai piedi della palazzina, aldilà della strada, ognuno aveva un piccolo appezzamento di terreno adibito a orto, e gli scambi di consigli e verdure erano all’ordine del giorno. Non mancavano “eventi” aggregativi, come la messa in cortile nel “mese della madonna”, la spaghettata o l’anguriata estiva, su tavoli di varie forme e altezze, accostati l’uno all’altro. Anche la parte amministrativa era in autogestione, con riunioni accompagnate da fiaschi di vino e …urla.

Dal punto di vista edile, era una casa costruita in economia, ma in maniera “onesta” (anche se potevi tranquillamente ascoltare i programmi televisivi dell’appartamento a fianco). La palazzina è ancora lì, e nel tempo ha subito interventi importanti ma mai strutturali:sostituzione del generatore centralizzato con caldaie individuali (e pensare che ora la tendenza è esattamente contraria); sostituzione dei serramenti in legno a vetro singolo con serramenti in alluminio anodizzato a doppio vetro (e successiva comparsa di condensa e muffa); rifacimento del rivestimento di facciata (più di una volta, ma ahimè sempre senza cappotto); isolamento del sottotetto (finalmente!); rifacimento dei parapetti dei balconi.

La seconda è la casa dell’indipendenza.

Terzo piano senza ascensore  (di nuovo?), un bilocale di una casa a ballatoio in un quartiere non proprio trendy (allora, perché in seguito è stato decisamente riqualificato), di Milano.

Il locale giorno più piccolo della camera da letto, un bagno piccolissimo, di nuovo senza bidet (quando si dice il karma) e senza antibagno, un angolo cottura in senso geometrico. Soffitti alti, che mi hanno permesso di realizzare il classico letto a soppalco molto “ggiovane”ampliando così la zona soggiorno. Le pareti divisorie tra un appartamento e l’altro di nuovo permettevano di sentire distintamente una scopa che cadeva a terra… e l’imprecazione seguente! Quando anni dopo la affittai a una coppia di giovani sposi ricevetti più volte la telefonata della vicina (la stessa della scopa) che mi chiedeva di convincere gli sposini a…dormire. I serramenti in legno a doppio vetro permettevano per fortuna di tenere fuori i rumori della strada, ma in estate ero costretta a scegliere se non dormire per il rumore o per il caldo.

Dal punto di vista energetico non era molto dispendiosa, ma solo perché piccola, incastrata tra due appartamenti e con sole due finestre e mezza, anche se la superficie di maggiore dispersione era il tetto, essendo all’ultimo piano.

La terza è la casa del matrimonio.

Settimo piano (con ascensore!) di un grande palazzone in un quartiere della semi-periferia milanese ad alta densità. Ingresso, una cucina funzionale anche se non abitabile (secondo karma della mia vita abitativa), quattro locali e un bagno disimpegnati da corridoio. Serramenti in alluminio a doppio vetro (questa volta senza formazione di condensa e muffa) e riscaldamento centralizzato impostato a temperature caraibiche, tenuto a bada dalla chiusura di alcuni caloriferi (corridoio e camere da letto). Un grande lavoro fai da te di rimozione di moquette (orrore!) e carta da parati, ha portato in luce pavimenti in graniglia tutti dello stesso colore (incredibile!) che lucidati avevano un loro perché.

La quarta è la casa dell’affermazione dell’architetto e del milanese d’adozione.

Un appartamento con sottotetto completamente da ristrutturare in un quartiere centrale di Milano, dentro uno di quei cortili che ti ricordano che anche i quartieri “borghesi” sono stati “popolari”.

La trasformazione è stata letteralmente “dalle stalle alle stelle”: una specie di tugurio al quale avevano murato in parte alcune finestre per impedire la vista a improbabili vicini (dato che le finestre davano su spazi aperti). Sventrata completamente, recuperato il sottotetto e realizzato un soggiorno a doppia altezza con un piano mansardato. Bellissima.

Nota dolente: pur avendo isolato il tetto, non essendo io ancora votata anima e corpo alla riqualificazione energetica, non ho valutato che l’isolamento “standard” non è sufficiente a garantire, non tanto il calore invernale, quanto il fresco estivo: il piano mansardato di fatto nel pur breve periodo di super caldo estivo non era proprio il massimo del comfort…

La quinta è la casa della separazione.

Di nuovo bilocale in casa a ballatoio, secondo piano con ascensore (mai usato, ma gli ascensori sono fatti per chi non può contare solo sulle proprie gambe). Il contesto è ancora quello del quartiere borghese. Questa volta non si sente volare una mosca, anzi i w.e. sono di una tristezza desolante: l’intero quartiere si svuota in direzione laghi-mari-montagne.

Di nuovo angolo cottura, bagno senza antibagno e senza bidet (poi ditemi che il karma non esiste). Casa piccola e incastonata tra altri appartamenti, praticamente la riscaldavi con una fiammata. Unico intervento, un po’ di colore.

La sesta è la casa della convivenza incerta.

Di nuovo casa a ballatoio (del resto Milano ne è piena), terzo piano senza ascensore, nel quartiere più bello di Milano, l’Isola.

Locale giorno piccolo, camera grande (ho un dejavù), bagno…indovinate? Senza antibagno e senza bidet! Ma questa volta wonder-architect-woman si dà da fare e rivoluziona tutto, riproporzionando zona giorno-zona notte e creando un bagno bello e funzionale (con bidet)  seppur con superficie minima.

La sostituzione dei serramenti sgangherati con nuovi in legno a doppio vetro è stato l’unico intervento possibile, dato che il sottotetto era adibito a solaio comune e quindi impossibile da isolare.

La settima casa (sembra un oroscopo) è la casa della fuga, ovvero del “triplo salto mortale”, come lo chiamo io.

Via da Milano, chiamarla casa è un eufemismo: due locali  sovrastanti collegati da un’enorme scala in un’antica cascina (si parla di origini quattrocentesche). Muri spessi 60 cm, serramenti in legno a vetro ultra-singolo e stufa a legna posizionata nel vano scala come unico riscaldamento.

Angolo cottura, bagno (…vabbè non lo scrivo neanche). Vista lago e Monte Rosa, fresca in estate e tremendamente fredda in inverno. Intervento per la sopravvivenza: inserimento di un inserto camino nel vano caminetto esistente, con canalizzazione dell’aria calda verso il piano primo. Una bomba. Unico neo: i camini a legna vanno alimentati costantemente quindi l’autonomia fuori casa risulta penalizzata.

L’ottava casa è la casa della nascita, di mia figlia.

Appartamento a fianco, sempre nella stessa cascina: molto più grande, stessi serramenti, riscaldamento a termosifoni alimentati a…gasolio! (un salasso). Vista lago e Monte Rosa , fresca in estate e fredda in inverno! Interventi migliorativi anche se non risolutivi: isolamento del sottotetto; sostituzione dei vetri con vetrocamera (che insomma, un po’ fa, ma non troppo); installazione stufa in ghisa ad alto rendimento (un’altra bomba, ma sempre con la questione dell’autonomia fuori casa).

E la legna da accatastare, e l’erba da tagliare. Insomma due case buone per i fine settimana primaverili e le vacanze estive, ma senza il necessario comfort invernale.

La nona casa è la casa del risparmio energetico: casa di nuova costruzione.

Classe energetica B. Cappotto esterno, riscaldamento radiante a pavimento, centralizzato con contabilizzatore individuale. Spesa annuale per il riscaldamento intorno ai 120 € (avete letto bene).

E la decima casa? La prossima. Come sarà? Spero una casa in legno quasi passiva (perché un po’ del mio ce lo vorrei mettere). Ovviamente progettata da me.


 

Rina Agostino

Architetto, si occupa di Bioedilizia, Bioclimatica ed Efficientamento Energetico degli edifici. Esercita la libera professione principalmente in provincia di Varese e Novara.