IN COHOUSING

L’anno nuovo è appena cominciato e in pochi giorni, da più parti, mi sono arrivate notizie, richieste, proposte di collaborazione… tutte ruotanti attorno al tema del COHOUSING, e dato che sono fermamente convinta che “niente è per caso”, mi sembra giusto onorare l’input e dedicare una nuova pillola all’abitare solidale.

Prima di tutto, mi preme chiarire la differenza tra Social Housing  e Cohousing, perchè ho notato che ancora molte persone confondono una cosa con l’altra, quando in realtà in comune hanno solo la parola “Housing”:

L’housing sociale rappresenta l’evoluzione della vecchia “edilizia economica popolare”, pubblica, alla quale era/è possibile accedere attraverso una graduatoria, rivolta sostanzialmente a fasce di reddito molto basse. Nell’housing sociale, i Comuni, solitamente con il supporto economico di fondazioni private, recuperano edifici pubblici in disuso e li trasformano in complessi residenziali destinati a persone con qualche difficoltà ad accedere al normale mercato degli affitti: anziani, donne sole con figli minori, giovani in difficoltà ecc., che non hanno però i requisiti per l’accesso alle graduatorie pubbliche. Spesso, come nei progetti di cohousing, sono previsti alcuni spazi di servizio comuni.

Il cohousing è un progetto abitativo di iniziativa totalmente privata: sono le famiglie che si “scelgono” liberamente e insieme (spesso costituite in associazione), eventualmente con l’aiuto di professionisti del settore, vanno all’assalto di terreni, cascine, palazzine in disuso, a volte stipulando contratti di concessione dei beni con i Comuni o con Fondazioni private, accollandosi però l’intero onere dell’operazione e diventando, a breve o lungo periodo, proprietari degli immobili. La forma “collettiva” è la stessa utilizzata per gli acquisti all’interno dei G.A.S: insieme si compra meglio e a minor prezzo.

“Il vero motore del cohousing è però tutto nello stile abitativo a cui aspira, improntato alla vicinanza, al rispetto, al mutuo aiuto, alla collaborazione, alla condivisione di spazi e iniziative. Niente o poco a che vedere con le comuni degli anni ’60! Ognuno conserva infatti la propria privacy abitativa, e insieme agli altri decide cosa e quanto condividere.”

Tipologicamente la coabitazione può avvenire all’interno di un condominio, una serie di villette a schiera, un’aggregazione di case unifamigliari attorno a uno spazio aperto comune, una cascina, una corte ecc.  Quasi sempre è legata a un approccio ecologico, realizzato non soltanto attraverso la conduzione del ménage quotidiano, ma anche nella scelta dei materiali usati per la costruzione o la ristrutturazione dell’edificio.

Il percorso per arrivare a vivere in cohousing è spesso lungo e articolato: ci si cerca, ci si conosce, frequenta, spesso ci si rivolge a un “facilitatore” che aiuti a far emergere le esigenze e  i timori di ognuno, ma soprattutto ad affrontarli facendo riferimento più al metodo del consenso che al voto democratico.

È un percorso anche divertente e stimolante e spesso porta ad allargare i propri orizzonti verso attività lavorative alternative, più consoni alle proprie aspirazioni, che dentro al progetto trovano il modo di realizzarsi. Insieme si è più forti!

Se abiti anche tu in provincia di Varese, e desideri sperimentare i benefici e i vantaggi della bioedilizia,  lasciami un messaggio nella sezione “contatti”, sarò felice di aiutarti.

Rina Agostino

Architetto, si occupa di Bioedilizia, Bioclimatica ed Efficientamento Energetico degli edifici. Esercita la libera professione principalmente in provincia di Varese e Novara.