Sarebbe forse meglio chiamarlo “maglia della salute”, in quanto deve sì isolare dal freddo, ma non proteggere dalle intemperie, trattenere il calore, ma non farci sudare. Essendo a contatto con l’ambiente interno, senza il filtro della “massa” costituita dalla muratura, è altamente consigliabile (leggere “indispensabile”) che sia in materiale naturale, igroscopico. Posso chiudere un occhio (ma solo uno) sul cappotto esterno in EPS, qualora la situazione dell’immobile non consenta maggiori spessori…o il portafogli non consenta maggiori spese, ma sul cappotto interno non ho esitazioni: no poliuretano, no polistirene, no lana di roccia, no lana di vetro e chi più ne ha più ne metta…Sì sughero, fibra di legno, canapa…
Ma prima ancora di parlare dei materiali, vediamo quali sono i motivi che “costringono” verso un isolamento a “cappotto interno” (ovviamente dando per scontata la necessità di ridurre la dispersione di calore).
- edifici vincolati per il loro pregio storico-decorativo;
- rivestimento in pietra in edifici rurali;
- singolo appartamento in condominio “non sensibile” alle tematiche di risparmio energetico.
Come vedete non sono molti, infatti l’isolamento dall’interno è “l’ultima spiaggia” in termini di efficientamento energetico…eppure è il più richiesto! Questo perchè quasi sempre è il costo dell’intervento a decidere per noi, insieme all’illusione di poter fare da sè (assenza di ponteggi, facilità di montaggio nel caso di pannelli, ecc.). Salvo poi leggere in rete commenti tipo questo: “Io ho risolto con il cartongesso (in realtà è una armatura di alluminio con strati di plastica e all’interno con isolante se non ricordo male). Però la notte tengo la porta aperta e la mattina se è fattibile, apro la finestra il tutto per evitare che si crei condensa con il respiro”.
“Risolto”???
I rischi legati alla realizzazione di un cappotto interno senza la progettazione di un tecnico esperto sono molteplici, e non di poco conto:
quando si isola dall’interno cambia completamente la risposta del muro perimetrale alle temperature esterne/interne, perchè se è vero che il freddo “si ferma” una volta raggiunto lo strato isolante, è anche vero che la superficie interna (del muro) non sarà più riscaldata e come abbiamo visto sono proprio le superfici più fredde quelle soggette a condensa
L’inconveniente più comune è quindi quello di avere formazione di condensa nello strato tra la parete e l’isolante (se non è bene aderente alla parete), ragione per cui è da evitare la formazione di un’intercapedine tra la parete esistente e il pannello isolante (pratica invece assai diffusa…ad esempio a casa della signora della pillola precedente).
Un altro fattore importante da considerare in fase di progettazione è la zona climatica, e quindi le temperature estive e invernali: un cappotto in Sicilia deve avere prestazioni diverse rispetto a un cappotto in Lombardia.
E’ necessario poi fare attenzione ai ponti termici che un cappotto fatto male può lasciare scoperti: l’uso di una termocamera prima , ma soprattutto dopo l’intervento riesce a individuarli precisamente. (Su come si usa una termocamera rimando ad apposita futura “ricetta”).
E veniamo ai materiali, non senza aver fatto una premessa: la regola “base” per la progettazione di una muratura esterna è “isolamento esterno/massa interna“. Questo perchè è la “massa” a regolare il clima interno all’abitazione, con la sua capacità di assorbire e rilasciare l’umidità e il calore (capacità termica areica). Potete immaginare cosa succede se lo strato interno è formato da poliuretano!
Allora è importantissimo scegliere materiali isolanti igroscopici naturali, meglio ancora finire con un intonaco in terra cruda, o argilla, o almeno a base di calce.
Per finire, voglio spezzare una lancia a favore del cappotto interno nelle seguenti condizioni: edifici abitati occasionalmente nei quali sia necessario riscaldare velocemente gli ambienti. In questi casi infatti, è l’aria ad essere riscaldata anzichè le superfici. Attenzione però a garantire la corretta ventilazione dei locali, più sicura con un impianto VMC.
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Rina Agostino
Architetto, si occupa di Bioedilizia, Bioclimatica ed Efficientamento Energetico degli edifici. Esercita la libera professione principalmente in provincia di Varese e Novara.
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Salve,
Innanzitutto complimenti per l’articolo, gentilmente le vorrei chiedere un chiarimento, abbiamo fatto casa da un anno circa, nella zona nord della casa, l’impresa edile per un errore ha innalzato un muro di forati spessi anziché utilizzare i forati con polistirene in mezzo, l’architetto per evitare di fare andare giù il muro, ci ha fatto optare per una coibentazione interna di cartongesso e lana di Roccia, il risultato? Muffa, muffa e ancora muffa, le pareti sono tutte piene di puntini che sembra olio ma in realtà è muffa, la camera è fredda, infatti sono costretta a fare dormire i bambini in un’altra camera. Gentilmente potrebbe darmi un consiglio in merito?
Da premettere che noi abbiamo sollevato il problema all’architetto allora quando l’impresa fece l’errore e quest’ultimo, per opportunismo disse che non era necessario buttare giù la parete, ma che una coibentazione interna sarebbe stata più efficiente di quella esterna. Potremmo usufruire della garanzia dei 10 anni nonostante conoscevamo il vizio ma sollveammo il problema all’architetto?
Confido in una sua gentile risposta, cordiali saluti.
Buongiorno, non ho capito bene se la muffa si forma sulla parete in cartongesso che ricopre l’solante, o sulle altre pareti del locale. L’solamento interno con lana di roccia non è di per sé sbagliato (anche se il cappotto interno deve sempre essere l’ultima spiaggia), purché sia stato posato correttamente: lana di roccia aderente alla parte + freno al vapore + cartongesso. Se però anche le altre pareti del locale danno verso l’esterno, e non sono state isolate, avremo solo spostato il problema: ora saranno queste le più fredde.
In linea generale:
la “massa”, cioè la muratura, deve stare all’interno, per trattenere il calore e regolare l’umidità.
L’isolamento deve stare all’esterno, per “tenere fuori” caldo o freddo. L’isolamento interno può andare bene in una casa utilizzata saltuariamente, perché consente di riscaldare velocemente l’aria interna, ma tutte le pareti devono essere isolate, altrimenti l’aria calda condenserà al contatto con le pareti più fredde.
Per quanto riguarda il discorso assicurazione, onestamente non so risponderle.
Complimenti per l’articolo.
Vorrei porre un quesito.
Stò ristrutturando un fabbricato che ha due parete in comune con un locali non riscaldati di altra proprietà (utilizzati come rimessa e cantine) e queste pareti sono vecchie murature in pietra con intonaco a base di cemento e sabbia.
Volendo aumentare la trasmittanza della parete mi trovo costretto ad isolare dall’interno con il terrore della eventuale condensa interstiziale.
Ho pensato di procede così : incollare un pannello in fibra di legno sulla parete esistente (in pietra) e realizzare una controparete in laterizio per il passaggio degli impianti per poi eseguire un intonaco a base di argilla.
Potrei posare (per tranquillità) un freno vapore nella parte calda dell’isolante e avere l’accortezza di creare uno strato di aria tra l’isolante e la controparete.
Ammesso che possa funzionare, per evitare che una eventuale umidità di risalita possa intaccare il pannello in fibra di legno, potrei posare una prima fila (zoccolatura) di isolante utilizzando pannelli più resistenti (XPS, EPS, ecc.) ?
Grazie per eventuali risposte.
Direi tutto corretto a parte lo “strato d’aria” tra parete e isolante, da evitare. L’alternativa, nel caso però si potesse evitare il passaggio degli impianti a parete, è utilizzare come isolante i pannelli ai silicati di calcio (tipo Rofix), poi intonacati sopra la rete di supporto (in questo caso non è necessaria la controparete, e si guadagna in spazio). Vale anche in questo caso l’accortezza di realizzare la prima fascia di isolante in XPS. Non mi è chiaro però verso che tipo di situazione si affaccino le altre due pareti, e a questo punto, anche il pavimento…
In ogni caso, è raccomandabile effettuare prima una verifica del diagramma di Glaser.