Bene, avete isolato il tetto e sono avanzati un po’ di soldini? Tenerli sotto il materasso non vi aiuterà a dormire meglio…investirli nella coibentazione delle pareti – continuando a sfruttare il bonus energia – invece sì…soprattutto in estate!
Stavate invece pensando a un impianto di condizionamento o a un impianto di riscaldamento radiante a pavimento? Calma, questi interventi possono essere rimandati…se non isolate le pareti saranno infatti quasi inutili o comunque energivori.
Per consumare meno e per un comfort migliore, non mi stancherò mai di ripeterlo, la prima cosa da fare è isolare, isolare, isolare…e, quasi sempre, dopo il tetto, al secondo posto nella classifica “dispersione del calore”, ci sono le pareti.
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Come abbiamo visto per la copertura, vediamo quali requisiti funzionali devono avere le pareti:
- proteggere gli edifici dagli agenti atmosferici esterni
- proteggere gli edifici dalle basse temperature in inverno e da quelle elevate in estate
- proteggere dai rumori esterni
- consentire la giusta traspirabilità, permettendo la regolazione dell’umidità, per evitare la formazione di condense e muffe
Ora, se abitate in una casa uni-bifamigliare, la soluzione più efficace ed economica è sicuramente l’isolamento a cappotto esterno (naturalmente se non ci sono vincoli di tipo architettonico).
In realtà lo è anche se abitate in un condominio, e sicuramente vale la pena battersi a colpi di assemblee condominiali per convincere i vostri amati vicini di casa che possono solo trarre beneficio da questo tipo di intervento. Tra l’altro, se proprio non ci sono soldi da investire, è possibile rivolgersi a una Esco (Energy Service Company), che, dopo aver valutato i consumi energetici dell’edificio prima e dopo l’intervento di isolamento, provvederà a finanziare completamente i lavori, “trattenendo” il risparmio in bolletta per un certo numero di anni, fino al recupero dell’investimento. In soldoni, voi continuerete a pagare le bollette come prima dell’intervento fino all’ammortamento dei costi, e poi sarete “liberi” di godervi il risparmio vero e proprio.
Dal punto di vista tecnico, isolare a cappotto significa “avvolgere” completamente l’edificio (escluso finestre, ovvio!) con materiale isolante, dello spessore congruo a raggiungere i valori di trasmittanza termica come da tabella contenuta nella pillola n. 49. Naturalmente questo tipo di intervento si porterà dietro altri lavori necessari di conseguenza, come l’adeguamento di davanzali, pluviali, scossaline ecc. Il tipo di materiale scelto influirà in qualche modo anche su questi lavori accessori, perchè a materiali diversi corrispondono spessori diversi, ma fatte le dovute valutazioni, come potrete immaginare il mio consiglio è quello di preferire materiali naturali, spendendo magari un po’ di più, ma garantendosi un comfort migliore (e anche una durata maggiore). A parità di trasmittanza, possiamo infatti passare, a grandi linee, dai 10 cm di spessore di un cappotto in EPS ai 15 cm e oltre di materiali come sughero o fibra di legno. Tuttavia il comportamento di questi ultimi legato allo sfasamento termico è sicuramente migliore, e la differenza la si nota soprattutto in estate. Anche dal punto di vista acustico, le fibre si comportano meglio.
Quando le caratteristiche architettoniche esterne dell’edificio (numerosi aggetti, mattoni o pietra a vista, cornici e decori), oppure i vincoli urbanistici che lo coinvolgono, non permettono di poter eseguire l’isolamento a cappotto da fuori, sì potrà optare per un cappotto interno, ma sappiate che in questo caso è praticamente impossibile raggiungere i valori di trasmittanza necessari per poter accedere al bonus energia. Si dovrà quindi “accontentarsi” delle detrazioni fiscali al 50% anzichè 65%.
Se l’edificio è costruito con muratura a “cassa vuota” (cioè ha un’intercapedine interna), è possibile optare per il “riempimento” di quest’ultima con materiale isolante insuflato (ad esempio fiocchi di cellulosa). Tuttavia il risultato potrebbe non essere all’altezza delle aspettative in quanto non è semplice riuscire a riempire perfettamente tutti gli spazi vuoti tra muratura interna e paramento esterno, con il rischio di avere numerosi ponti termici. D’altra parte questa soluzione è sicuramente più economica e in questi casi, secondo me, da preferire all’eventuale cappotto interno.
Concludo con una raccomandazione: mai, ripeto MAI optare per il “fai da te” quando si decide di isolare a cappotto (a meno che non si è del mestiere, chiaro)! Prima di decidere come realizzarlo è sempre doveroso analizzare la stratigrafia del muro esistente nonchè fare una verifica col diagramma di Glaser. Se non è eseguito a regola d’arte, infatti, il cappotto – esterno o interno che sia – può essere fonte di fastidiosi problemi di condensa e muffa.
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Rina Agostino
Architetto, si occupa di Bioedilizia, Bioclimatica ed Efficientamento Energetico degli edifici. Esercita la libera professione principalmente in provincia di Varese e Novara.
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