Piove, da molte ore ininterrottamente. Il pensiero va alle città che hanno subito, e stanno subendo i danni alluvionali. Sappiamo tutti quali sono le cause principali di queste inondazioni: il consumo di territorio, la cementificazione del suolo, l’intubazione dei torrenti. La pianificazione urbanistica delle città, con standard per aree verdi troppo bassi, l’urbanizzazione selvaggia degli ultimi cinquant’anni, le costruzioni a ridosso di fiumi, o aggrappate ai pendii una volta boscosi…ognuno di noi nel suo piccolo ha contribuito, ed ora che il punto di saturazione è giunto al limite, ne paghiamo tutti le conseguenze, con gli interessi.
Tendiamo allora a vedere la pioggia, l’acqua, come un nemico, spesso scordandoci che invece è un bene prezioso, che quando manca fa altrettanti danni. Forse l’azione più “concreta” che facciamo nei confronti dell’acqua è quella di inquinarla!
Non è solo la mancanza di sole che mi porta a formulare pensieri così plumbei, una riflessione sullo spreco di acqua si potrebbe fare anche sotto una doccia calda, o mentre ci si lava i denti lasciandola scorrere nel lavandino…
Il consumo d’acqua negli ultimi 50 anni è aumentato di 6 volte, mentre la popolazione è aumentata di 3 volte, eppure:
- 1 abitante del pianeta su 5 non ha accesso ad acqua pulita
- 2 miliardi e mezzo di persone non hanno accesso a servizi igienici
- 5000 bambini muoiono ogni giorno di dissenteria legata alla mancanza d’acqua
Certo, la distribuzione geografica dell’acqua non è equa, ma a questo si deve aggiungere una gestione spesso irrazionale ed un uso inefficiente e insostenibile delle risorse disponibili.
Attualmente l’agricoltura consuma in media circa il 70% dell’acqua mondiale, l’industria il 22% e le aree urbane l’8%.
Continuando così, ben 2/3 della popolazione mondiale nel 2025 potrebbero avere problemi di approvvigionamento idrico e 14 nuovi Paesi saranno classificati come water scarce (meno di 1000 mc l’anno per persona).
L’acqua consumata per usi civili rappresenta relativamente una piccola parte dei consumi idrici complessivi, ma sta crescendo molto rapidamente. Oggi, in Italia, i consumi di acqua pro-capite arrivano a circa 200 l/giorno, di questi solo una minima parte è impiegata per usi alimentari, una parte considerevole per l’igiene personale, la parte rimanente va sprecata per le cassette di scarico e per usi che non necessiterebbero di acqua potabile.
Spesso i problemi sono di tipo strutturale: gli enormi sprechi derivanti dalle perdite delle reti idriche fa si che in Italia, secondo l’ISTAT, oltre il 37% dell’acqua prelevata si “perda per strada” prima di arrivare agli utenti finali.
Inoltre, solo i tratti di rete fognaria di nuova costruzione prevedono il convogliamento separato delle acque bianche da quelle grigie e nere, con il risultato che diventa poi impossibile recuperare l’acqua piovana per essere riutilizzata.
Ciò è possibile però al livello del singolo edificio: l’acqua piovana, captata dalle coperture (a questo proposito è utile ricordare il materiale con cui è realizzato il manto di copertura fa la differenza), opportunamente filtrata e accumulata in apposite cisterne, può essere impiegata in tantissimi modi, compatibilmente con le indicazioni dell’ASL competente per territorio e delle normative relative:
Usi esterni :
- annaffiatura del verde
- lavaggio delle aree pavimentate
- lavaggio auto
- usi tecnologici
Usi interni:
- alimentazione delle cassette di scarico dei W.C.
- pulizie
- alimentazione di lavatrici (a ciò predisposte)
- alimentazione idrica per i piani interrati
- utilizzo nei sistemi di raffrescamento passivo/attivo degli edifici
- usi produttivi per edifici industriali
L’uso di acqua piovana è subordinata alla realizzazione di una rete di adduzione e distribuzione idrica delle stesse acque all’interno e all’esterno dell’edificio, composta da tubazioni, da un sistema di pompaggio e da una centralina che gestisce il reintegro delle acque piovane con quelle di acquedotto nei periodi di siccità. Le tubazioni dedicate dovranno essere immediatamente identificabili, in modo che anche in occasione di interventi di manutenzione non si confonda la condotta di acqua non pregiata con quella potabilizzata. Sarà inoltre necessario installare apposite valvole a tre vie, per garantire che non ci sia mai contatto tra acqua di recupero e acqua potabilizzata, distribuita dal servizio di acquedotto.
Nelle zone particolarmente inquinate bisogna prevedere, oltre a un adeguato filtro, anche una modalità di depurazione dell’acqua, mediante trattamenti che dipendono dall’ubicazione dell’impianto, dal tipo di uso che se ne vuole fare e dalle normative nazionali, regionali e locali.
Si potrà ricorrere alla fitodepurazione, che necessita però di spazio esterno, ed è adatta quindi ad abitazioni mono-bifamiliari con giardino di adeguate dimensioni. In alternativa, oltre alla pulitura periodica della cisterna è necessaia la disinfezione finale con lampade UV.
In fase di progettazione occorre per prima cosa identificare le superfici di raccolta (tetti, pensiline, balconi e terrazze), calcolarne l’area e, utilizzando i dati climatici relativi alla zona in cui si interviene (è possibile fare riferimento agli annuari del Servizio Idrografico del Ministero dell’Ambiente), moltiplicare la superficie di captazione per l’altezza delle precipitazioni (mm) individuata sui dati raccolti. Questo valore sarà corretto da un coefficiente che dipende dalle caratteristiche della superficie di captazione (inclinazione del tetto e materiale di superficie). Otterremo quindi il valore massimo di quantità di acqua disponibile, con il quale andremo a dimensionare la cisterna di raccolta. Tale dimensionamento dovrà però tener conto della reale quantità di acqua necessaria, in quanto un sovradimensionamento della cisterna rispetto agli usi, porterà al ristagno dell’acqua con il conseguente deterioramento delle proprietà organolettiche.
Anche in questo caso metto in guardia dal “fai da te”, invitando le persone a rivolgersi ad un impiantista qualificato. A tal proposito, mi torna in mente mio padre che con un ingegnoso sistema di tubi e bidoni di plastica raccoglieva l’acqua piovana direttamente dalla strada o dal tetto del pollaio, e la utilizzava così com’era per annaffiare l’orto…ecco, eviterei!
Nel frattempo, è tornato il sole…
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Rina Agostino
Architetto, si occupa di Bioedilizia, Bioclimatica ed Efficientamento Energetico degli edifici. Esercita la libera professione principalmente in provincia di Varese e Novara.
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